mercoledì 6 luglio 2011

Analisi critica del giornalismo italiano



Nel breve arco di tempo di un ventennio i mezzi di informazione,  e quindi la possibilità di comunicare, seguendo il progresso scientifico e tecnologico, si sono evoluti in mezzi con cui l’ utente interagisce e hanno cambiato le abitudini quotidiane di un numero sempre maggiore di persone.
Questo progresso così repentino ha prodotto un necessario  “svecchiamento” dei contenuti e del linguaggio  nei mass media, ma allo stesso tempo ha avviato un processo di degenerazione che fino ad ora si è dimostrato inarrestabile: i media italiani tendono all’ esagerazione, alla retorica e l’ informazione perde la sua funzione originale di pura descrizione della realtà.
La televisione ( e quindi la carta stampata, che ne viene fortemente influenzata) è l’ esempio lampante di come il concetto di “informare” sia radicalmente cambiato : i notiziari si fondono ai programmi di varietà o viceversa e la continua spettacolarizzazione delle notizie pone lo spettatore di fronte a continue “puntate” della stessa storia in quanto la priorità non è più quella di informare bensì quella di intrattenere il pubblico. In un simile contesto diventa sempre più indispensabile la figura dell’ opinionista, un professionista dell’ intrattenimento che, molto spesso, non ha nessun   titolo o qualifica per esporre un’ analisi razionale in merito all’ argomento affrontato, che non offre mai dati certi ma esprime solo la propria opinione, influenzando quella del pubblico, creando un’ identificazione fittizia con lo spettatore e  proponendosi come  "voce della comunità" .
Atteggiamento  ancor più grave da parte dei media è, secondo me, l’ enfatizzazione estrema dello stato emotivo predominante; basti pensare a come i fatti di cronaca nera vengono affrontati: non è  la ricerca della verità che interessa ma cogliere gli stati d’ animo, recuperare le confessioni  intime, ricercare i particolari  scabrosi.
Questa “drammatizzazione della notizia” fa crollare definitivamente quel muro immaginario posto tra l’ informatore e l’ informato ,che si sente tirato dentro, coinvolto e quindi pronto a seguire tutte le “puntate” della notizia canale, per canale.
Il conduttore/giornalista non prende le distanze dal “fatto” che riporta, quindi lo spettatore (o il lettore di giornale), non si trova di fronte alla notizia “nuda e cruda” da verificare, approfondire e poi elaborare secondo la propria sensibilità, esperienza, cultura. Egli è, piuttosto, una mente passiva che assorbe la notizia già filtrata ed elaborata da altri.
La mia conclusione è che l’ informazione italiana è  di qualunquista, povera di contenuti veri e alla deriva. Per i media del nostro Paese il mondo è come dovrebbe essere, un mondo perfetto dove un narratore qualunquista presuppone uno spettatore qualunquista : l'atteggiamento prescritto è quello di non avere nessun atteggiamento e nessun giudizio. Un’ idea ormai così pervasiva da non essere più nemmeno percepita come anomala dalla maggioranza degli italiani, per i quali il telegiornale è l'unica fonte di "informazione" . Sicuramente,  per trovare una soluzione, occorre riformare la scuola e la stessa tv , che produce appunto ciò a cui stiamo assistendo ai giorni nostri. Ed io credo che sia necessario intervenire al più presto possibile, prima che sia troppo tardi, prima che la “deriva”  ci disperda in alto mare per sempre. 

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