La classificazione del regno animale , e degli esseri viventi in generale, da parte dei biologi, sin dall’ antichità riunisce le varie specie in base a caratteristiche morfologiche comuni: tale sistema si basava sulle somiglianze esteriori più evidenti degli organismi e rimase invariato per molto tempo.

La ripartizione del naturalista svedese Linneo è basata su categorie: regno, classe, ordine, famiglia, genere, specie, ed è tuttora utilizzata dai biologi. Questi, però, hanno associato, da Darwin in poi, alle caratteristiche anatomiche comuni delle specie una comune discendenza evolutiva.
Nonostante l’ estrema scientificità del sistema di catalogazione adottato, persistono problemi di fondo che la scienza moderna ancora non è riuscita a risolvere.
Ad esempio, organismi meno complessi e dalle caratteristiche cellulari peculiari come alghe, batteri e virus risultano ancora di difficile collocazione, sempre in bilico tra i vari regni naturali.
Tale suddivisione, inoltre, si basa sulle somiglianze comportamentali degli esseri viventi presi in esame. La classe dei mammiferi( a cui apparteniamo anche noi esseri umani), comprende forme di vita molto varie ma accomunate da caratteristiche comuni: la presenza di peli, il parto di esseri già sviluppati(sono vivipari), l’ allattamento e la cura della loro prole che nella maggior parte dei casi è molto più indifesa al momento della nascita, rispetto ai cuccioli delle altri classi animali.
Queste caratteristiche peculiari per definire i mammiferi, o mammalia, andrebbero almeno in parte riviste : come ben sappiamo, le balene ,o i delfini, non hanno peli sulla loro cute, eppure sono mammiferi in quanto allattano i loro cuccioli.
Allo stesso modo non è una discriminante sufficiente esser vivipari in quanto possiamo considerare la gravidanza, il periodo di sviluppo intrauterino fino al parto un uovo covato in situ. Dobbiamo considerare, poi, la significativa eccezione dei Monotremi, come l’ ornitorinco e l’ echidna, che sono ovipari, ma allattano i loro piccoli.
Altro argomento di dibattito risulta essere la cura della prole da parte di uno dei due genitori fino a quando questa non è in grado di nutrirsi di cibo solido in modo autonomo. L’ immaginario collettivo, infatti, vede il genitore di sesso femminile dedito all’ accudimento dei nascituri, umanizzando il comportamento animale, ma nella maggior parte dei casi, è il maschio a farsi carico della protezione e della crescita dei piccoli: le femmine, infatti, sono spesso occupate nella caccia, intente a procurare nutrimento per il branco.

Di sicuro dobbiamo approfondire le nostre conoscenze e rivedere molte delle nostre convinzioni u un mondo che non è ancora del tutto svelato. Forse, una volta recuperato il nostro “retaggio animale”, riusciremo finalmente a tornare in armonia con la natura e con noi stessi.
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